Linee-guida su: protocolli di sperimentazione clinica sulle malattie croniche, con l'omeopatia unicista, in medicina umana 1.3

01.06.2001
version 1.3


draft version 1.3 11/03/2001

Avvertenza : qs. versione delle linee-guida è sicuramente meno organica delle precedenti, in quanto contiene diverse idee nuove, tuttora in elaborazione, derivate dal lavoro e dalla riflessione di questi mesi. Abbiamo scelto di presentarla anche se imperfetta, come contributo all’importante dibattito in corso


Premessa

Questo documento nasce con un intento preciso : dare un quadro di riferimento preciso per le ricerche cliniche in omeopatia . Il compito è piuttosto arduo, ed una delle difficoltà maggiori è quella di costruire un ponte fra due mondi fino ad oggi abbastanza distanti (almeno in Italia) , quello dell’omeopatia clinica e quello della ricerca scientifica. Per cercare di ridurre almeno in parte tale distanza, è necessario costruire un vocabolario comune : alcuni concetti dell’omeopatia sono quindi brevemente spiegati per rendere il testo comprensibile anche ai non omeopati. La spiegazione è sicuramente insufficiente da un pdv omeopatico, ma una trattazione più ampia avrebbe appesantito il testo. D’altro canto, è probabile che molti omeopati clinici siano stimolati dal testo ad approfondire diversi concetti riguardanti le sperimentazioni cliniche : costruire ponti culturali e concettuali è sempre un po’ faticoso …

Introduzione :
In tutto il mondo si stanno moltiplicando i trials clinici sull’omeopatia. I risultati fin qui acquisiti, che derivano da una lettura attenta dei lavori fino ad oggi pubblicati sono :
1- l’omeopatia può essere studiata da un pdv scientifico
2- il medicinale omeopatico ha una azione distinta e superiore all’effetto placebo
3- sono apparsi molti lavori che documentano l’efficacia dell’omeopatia in singole patologie e situazioni cliniche
4- in alcune patologie iniziano ad apparire studi clinici che riproducono i risultati positivi di lavori precedenti

In base a tali risultati, come proseguire nella ricerca clinica in omeopatia ?

Il problema maggiore che si sta evidenziando, è quello di poter disporre di modelli di ricerca clinica che rispettino la specificità della medicina omeopatica.
Infatti, la maggior parte degli studi clinici fin qui compiuti ha semplicemente utilizzato metodologie di studio elaborate e validate nell’ambito della medicina convenzionale , ma che non possono essere applicate tout-court in una medicina diversa dalla medicina convenzionale , come l’omeopatia . L’utilizzo di metodiche tipiche della medicina convenzionale applicate alla ricerca clinica in omeopatia ha prodotto ( com’è logico) risultati contradittori e\o negativi , che erano in completo contrasto con l’esperienza clinica dei medici e dei pazienti omeopatici per quella determinata patologia ; sempre nella stessa patologia, l’utilizzo viceversa di metodiche specifiche per la medicina omeopatica ha permesso di ottenere risultati che erano :
a- di segno opposto rispetto ai risultati negativi ottenuti con trials impostati secondo metodiche convenzionali
b- in accordo con l’esperienza clinica dei pazienti e dei medici omeopatici.

L’esempio più evidente è fornito dai trials pubblicati sull’uso dell’omeopatia nelle patologie reumatiche. Nel 1983 fu pubblicato su Lancet [1] uno studio in doppio cieco sull’uso dell’omeopatia nell’ osteoartrite. I risultati furono negativi, ma occorre notare che a tutti i pazienti fu prescritto lo stesso medicinale , Rhus toxicodendron . Questa prescrizione contraddice una delle regole fondamentali dell’omeopatia , e cioè che il medicinale è prescritto sulla base della totalità dei sintomi del paziente , e non solo sulla base della patologia principale di cui il paziente soffre. La conseguenza pratica di tale metodologia omeopatica, è che :
a- un medicinale può curare diverse patologie
b- una stessa patologia è normalmente curabile da diversi medicinali ( prescritti sulla base dell’intero quadro sintomatologico)

Quindi, il lavoro citato è molto rigoroso dal pdv della medicina convenzionale ( applica le metodiche dei “ gold clinical trials “ ) , ma è completamente anti-rigoroso dal pdv della medicina omeopatica. Poiché lo scopo del trial era lo studio dell’efficacia o meno della medicina omeopatica
nelle osteoartriti ( e non lo studiodi una metodica convenzionale, usando un un medicinale omeopatico, nelle osteoartriti) , è evidente che la stessa progettazione dello studio non permettava una qualsiasi risposta alla domanda iniziale, e quindi il valore dei risultati dello studio è nullo.
Non è quindi possibile, da tale studio, dedurre :
a- se la medicina omeopatica è o non è efficace nelle osteoartriti.
b- se il medicinale studiato è efficace o meno nelle osteoartriti

Viceversa, alcuni anni dopo, Fisher e collaboratori [2] hanno compiuto un altro studio , sempre sulle osteoartriti, che rispettava la metodologia omeopatica . In tale studio, sono stati scelti a priori pazienti che presentavano il quadro sintomatologico di rhus-toxicodendron. Tale metodologia riproduce ( in forma semplificata) l’effettivo svolgersi di una visita omeopatica al termine della quale il medico prescrive appunto Rhus-toxicodendron ( nella visita omeopatica, il medicinale è infatti prescritto sulla base di sintomi caratteristici tipici di quella determinata sostanza, nel nostro caso Rhus toxicodendron) . I risultati di tale studio sono stati altamente significativi a favore dell’efficacia della terapia omeopatica.

Come si vede, a parità di patologia , i due studi portano a risultati esattamente opposti a seconda che la progettazione dello studio rispetti o meno la metodologia omeopatica.

E’ quindi evidente che ,se lo scopo dichiarato degli studi clinici in omeopatia è quello di studiare gli effetti della medicina omeopatica e dei medicinali omeopatici , occorre creare modelli di studio specifici per la medicina omeopatica. L’applicazione esclusiva di modelli mutuati dalla medicina convenzionale non permette lo studio né dell’omeopatia né dei medicinali omeopatici e non ha quindi nessuna plausibile giustificazione scientifica.
E’ d’altronde noto che , in ambito scientifico, ogni disciplina richiede modelli di studio specifici .

Si pongono questo punto alcune domande preliminari :

a- chi deve progettare gli studi clinici in omeopatia ?
b- chi deve controllare gli studi clinici in omeopatia ?
c- chi deve condurre tali studi ?
d- che cosa devono misurare tali studi ?

Cercheremo ora di rispondere a tali domande, riflettendo specificatamente sulla situazione dell’omeopatia in Italia .

a- chi deve progettare gli studi clinici in omeopatia ?

è noto che la fase forse principale di uno studio clinico è la sua progettazione . Tale fase è ancora più delicata per la progettazione di studi clinici in omeopatia, visto che si stanno elaborando modelli che dovranno poi essere validati sul campo. La riflessione sugli studi clinici meglio designati fino ad oggi disponibili, pone una domanda : vi sono caratteristiche comuni a questi studi clinici, che potremmo definire come i gold clinical trials dell’omeopatia ?
Le caratteristiche di fondo di tali studi sono :
1- l’esecuzione degli studi è stata compiuta in primis da uno o più omeopati unicisti , con una consolidata esperienza clinica, e con una competenza anche nel campo della epidemiologia clinica e\o della statistica
2- la progettazione dello studio ha cercato di partire da come effettivamente viene applicata l’omeopatia ( rispetto della metodologia omeopatica) e poi di misurare i risultati di tale metodologia con parametri già validati scientificamente (misurazione scientifica dei risultati)

il dato più interessante, è che i risultati di tali studi confermano risultati ottenuti dagli omeopati clinici nelle stesse patologie che sono state oggetto di studio : e poiché lo scopo di fondo di ogni sperimentazione è quello di studiare un campione della realta’, per poi applicarne i risultati più in generale, è evidente che tale corrispondenza ( fra i risultati degli studi e l’esperienza clinica) valida il disegno generale degli studi stessi.

La Società Italiana di Medicina Omeopatica intende quindi rispettare queste caratteristiche che già si sono dimostrate efficaci, nel campo dell’omeopatia , e sottolinea quindi che :
- solo omeopati di comprovata esperienza hanno la competenza di progettare studi clinici in omeopatia [3]
- la collaborazione con altri esperti , non omeopati, è utile purchè tali esperti conoscano la metodologia omeopatica
- la progettazione dello studio deve riflettere il più fedelmente possibile la metodologia con cui effettivamente viene applicata l’omeopatia dagli omeopati clinici

b- chi deve controllare gli studi clinici in omeopatia ?
in ogni protocollo , è necessario differenziare la figura dello sperimentatore\i ( investigator) da chi controlla i risultati ( monitor) . I protocolli di studio dell’omeopatia non sfuggono a tale regola , ma occorre precisare un parametro : il monitor deve conoscere ,nelle linee generali, la metodologia omeopatica ; in caso contrario, non è in grado di elaborare correttamente i risultati . Questo parametro, che può sembrare banale, è invece di difficile attuazione , nella situazione italiana . Infatti :
- i soggetti che hanno competenze statistiche e/o epidemiologiche hanno maturato la loro esperienza in ambito universitario ; in tale ambito, la metodologia omeopatica è stata, fino ad oggi, misconosciuta od addirittura derisa.
- D’altro canto, poiché gli omeopati sono essenzialmente medici clinici ambulatoriali , la quasi totalità di loro non ha compotenze statistiche minimali.

Prima della elaborazione del protocollo , è quindi necessario che :
- il monitor sia formato nella metodologia omeopatica
- gli omeopati clinici coinvolti acquisiscano un minimo di competenze statistiche ed epidemiologiche

La SIMO sta già progettando corsi di base sulla ricerca clinica in omeopatia ; le università, viceversa, sono in notevole ritardo in questo processo di integrazione culturale.

c- chi deve condurre gli studi clinici in omeopatia ?
………..
d- cosa devono misurare tali studi ?

I principali parametri con cui si valuta ogni intervento sanitario ( e quindi anche una terapia) sono :
a- l’efficacia
b- l’efficienza
c- l’effettività

La medicina convenzionale tende a dare il maggior risalto agli studi di efficacia , cercando poi di trasferire i risultati nella pratica clinica corrente. E’ corretto applicare questa impostazione anche all’omeopatia ? A questo proposito, ecco quanto ha affermato una delle maggiori ricercatrici mondiali nell’ambito dell’omeopatia, Jennifer Jacobs : [4]
“ Effectiveness research is pragmatic and requires different methodological strategies than those used for research into efficacy, which are explanatory in nature. Most recent homeopathic clinical trials have focused on efficacy : “ does homeopathy have a signifcant effect above and beyond that of placebo? “ While this information is vital in establishing the scientific validity of homeopathy, a different strategy may be necessary to increase the use of homeopathy in clinical practice. If the goal in homeopathic research is to demonstrate the practical usefulness of homeopathy, appropriate experimental methods must be used “

Quindi :
- se lo scopo della ricerca è quello di stabilire il meccanismo d’azione dell’omeopatia, allora lo scopo della ricerca sarà quello di valutare l’ efficacia dell’omeopatia
- se lo scopo è quello di verificare l’uso dell’omeopatia nella pratica clinica, allora la ricerca dovrà valutare un altro parametro, cioè l’effettività dell’omeopatia stessa [5]

Le domande fondamentali che si stanno facendo i responsabili delle politiche sanitarie, gli operatori sanitari , e gli utenti , a proposito dell’omeopatia , possono essere cosi’ riassunte :
1- in quali condizioni cliniche l’omeopatia è utile ?
2- a parità di condizioni cliniche , l’omeopatia è più o meno utile della medicina convenzionale ?
3- a parità di condizioni cliniche , ha più o meno effetti collaterali rispetto alla medicina convenzionale ?

Come si vede, si tratta di domande che riguardano l’effettività dell’omeopatia. Le questioni che riguardano l’efficacia dell’omeopatia , sono meno importanti a livello di politica sanitaria, e sulla domanda fondamentale ( “ l’omeopatia è più efficace del placebo “ ? ) hanno fra l’altro avuto una risposta convincente e positiva derivante da ben 4 studi sull’efficacia del polline omeopatizzato nelle riniti allergiche [6] .
In base a tali considerazioni, la Società Italiana di Medicina Omeopatica, ritiene che il proprio principale ruolo, nell’ambito della ricerca clinica in omeopatia, sia quello di progettare e condurre studi che provino l’effettività dell’omeopatia , cioè l’efficacia dell’ omeopatia nelle reali condizioni in cui viene normalmente applicata .

Quali caratteristiche deve quindi avere uno studio sull’omeopatia, per misurarne l’effectiveness ? E’ del tutto evidente che tali caratteristiche devono essere elaborate da chi concretamente, tutti i giorni , osserva l’effectiveness dell’omeopatia , cioè dagli stessi medici omeopati.
- In base a tali considerazioni , la Società Italiana di Medicina Omeopatica ha elaborato le seguenti linee-guida che uno studio clinico deve avere per misurare l’effectiveness dell’omeopatia. Queste linee vengono proposte come indicazioni per effettuare ulteriori studi sull’omeopatia , che permettano di misurarne l’effectiveness . Si è scelto di elaborare linee-guida :
- per le patologie croniche, in quanto sono le patologie su cui i medici omeopati , sia in Italia che all’estero , hanno storicamente accumulato una maggiore esperienza clinica. In questa versione, daremo comunque anche indicazioni sulle patologie acute
- per le malattie umane, in quanto la maggior parte delle terapie omeopatiche oggi eseguite riguarda l’uomo. La Società Italiana di Medicina Omeopatica stimolerà la formulazione di analoghe linee-guida anche in campo veterinario, ad opera di gruppi di lavoro di medici veterinari
- che riguardino l’omeopatia unicista, in quanto è questo il tipo di omeopatia più coerente a livello sia clinico che scientifico . Per i concetti generali sull’omeopatia a cui si fa riferimento in queste linee-guida, si rimanda
- al documento dell’ ECH ( Europaean Committee for Homeopathy) : “Omeopatia in Europa “ , reperibile sul sito della Società Italiana di Medicina Omeopatica http://www.omeomed.net/sub_index/Articoli/standards/ech98.html#standards
- al capitolo sulla omeopatia classica nel testo “ le medicine complementari “ [7]

A cura di Andrea Valeri, MD, dipartimento di ricerca clinica della Società Italiana di Medicina Omeopatica
Per corrispondenza : avaleri@inwind.it

Bibliografia e note :

[1] Shipley M; Berry H; Broster G; Jenkins M; Clover A; Williams I ; Controlled trial of homoeopathic treatment of osteoarthritis; Lancet 1983 Jan 15;1(8316):97-8.

[2] Fisher P, Greenwood A, Huskisson EC, Turner P, Belon P ; Effect of homeopathic treatment on fibrositis (primary fibromyalgia) ; BMJ. 1989 Aug 5;299(6695):365-6

[3] a livello operativo, si può definire omeopata di comprovata esperienza un medico che :
- si sia diplomato in omeopatia da almeno 10 anni
- si sia diplomato in una scuola con un programma di studio che segue le direttive dell’ ECH . L’elenco delle scuole accreditate presso la Società Italiana di Medicina Omeopatica e che seguono tali direttive è reperibile sul sito www.omeomed.net
- dedichi all’omeopatia almeno il 50 % della propria pratica professionale ( tutta la medicina clinica è basata sull’esperienza . L’omeopatia, essendo una medicina molto complessa, richiede da parte del medico un rilevante impegno professionale)

[4] Jacobs , J University of Washington School of Public Health and Community Medicine, WA, USA ; Effectiveness research in homeopathy : methodology and practical considerations; British Homeopathic Journal (2000) 89, Suppl 1, S47

[5] Effectiveness : “ è la misura di quanto uno specifico intervento, procedura, regime, o servizio,quando usato sul campo in circostanze normali, fa quanto deve fare per una certa popolazione. Il termine va distinto dal concetto di efficacia e di efficienza “ tradotto da:
Last J.M. ; A Dictionary of Epidemiology ; Oxford University Press 1995, pag. 52

[6] Taylor MA; Reilly D; Llewellyn-Jones RH; McSharry C; Aitchison TC ; University Department of Medicine, Glasgow Royal Infirmary, Glasgow G31 2ER; Randomised controlled trial of homoeopathy versus placebo in perennial allergic rhinitis with overview of four trial series; BMJ 2000 Aug 19-26;321(7259):471-6 . “ The objective results reinforce earlier evidence that homoeopathic dilutions differ from placebo “

[7 ] AAVV ; Le medicine complementari . Definizioni, applicazioni, evidenze scientifiche disponibili. Utet, 2000



sommario :
1- chi può eseguire studi clinici in omeopatia ?
2- quali sono i modelli sperimentali da applicare ?
3- modalità di svolgimento della visita omeopatica
4- modalità di prescrizione del medicinale omeopatici
5- valutazione degli effetti della terapia omeopatica



1- chi può eseguire studi clinici in omeopatia ?

la terapia omeopatica richiede una approfondita conoscenza sia della medicina generale, sia dell’omeopatia. [1] . La terapia omeopatica è una terapia individualizzata : il medicinale omeopatico è prescritto sulla base dell’insieme dei sintomi (fisici,energetici, mentali) che presenta il paziente, e non solo sulla base dei sintomi della sua patologia principale. Poiché l’insieme dei sintomi varia fra diversi individui che hanno la stessa patologia principale, per una stessa patologia possono essere prescritti diversi medicinali omeopatici . Di conseguenza , in omeopatia non possono essere applicati protocolli terapeutici per patologia. Come è allora possibile la prescrizione omeopatica ?
Nella evoluzione storica dell’omeopatia, sono state elaborate specifiche metodologie per la raccolta e l’elaborazione dei sintomi , che permettono di ottenere, nell’esperienza degli omeopati, efficaci risultati clinici nella maggior parte delle patologie di pertinenza ambulatoriale ed in parte ospedaliera. Tali metodologie sono correntemente insegnate nelle scuole italiane di omeopatia classica.
Tale situazione pone però il problema della riproducibilità dei risultati ottenuti in omeopatia : se non è possibile dare per la stessa patologia lo stesso medicinale , come confrontare i risultati ottenuti da diversi omeopati ? E soprattutto : come sapere se quel risultato ottenuto in quella specifica situazione sperimentale può essere generalizzato alla pratica omeopatica generale ?

Il problema può essere risolto riflettendo sulla metodologia diagnostico-terapeutica propria della medicina omeopatica rispetto alla metodologia diagnostico-terapeutica propria della medicina convenzionale. In ogni medicina, l’atto terapeutico vede sempre la figura di un medico e di un paziente:la relazione terapeutica ha un’importanza ed una specificità diversa a seconda della metodologia in cui si sviluppa .Dall’insieme dei dati che il paziente gli fornisce ( ed il fornire questi dati è possibile solo all’interno della relazione medico-paziente) il medico, in base alle sue conoscenze,alla sua esperienza e alla metodologia utilizzata,ne deriva la prescrizione e quindi la terapia .
In ogni metodologia l’obiettivo è quello di individuare ciò che è da curare e di verificare lo strumento terapeutico utilizzato. Inoltre, le diverse metodologie mediche differiscono per il diverso significato dato alla relazione medico-paziente.

In medicina convenzionale, l’attenzione è focalizzata su una diagnosi di patologia d’organo o di distretto per individuare una terapia mirata :la terapia utilizzata per curare la patologia d’organo o di distretto è nella maggioranza dei casi farmacologica.
La relazione medico –paziente è funzionale a questo obiettivo, e poiché tutta l’attenzione è spostata sulla terapia farmacologica, ai fini della valutazione, nelle sperimentazioni cliniche, dell’effetto dei farmaci, tale relazione è vista come uno dei possibili elementi confondenti (bias factors) . Non a caso , la relazione medico-paziente viene in tale contesto denominata “ effetto placebo” , ed uno degli scopi fondamentali delle sperimentazioni cliniche in medicina convenzionale è appunto quello di ridurre al massimo possibile l’azione della relazione medico-paziente nella valutazione dell’effetto dei farmaci. A tale scopo, sono state elaborate diverse metodiche sperimentali (principalmente randomizzazione e studi in doppio cieco) con lo scopo dichiarato di eliminare o ridurre il più possibile l’influenza della relazione medico-paziente sul risultato finale della terapia. In medicina convenzionale, questa impostazione farmacocentrica , basata sulla patologia d’organo, permette di ottenere la riproducibilità dei risultati : poiché in diversi pazienti che hanno la stessa patologia si usa lo stesso farmaco, è possibile affermare che quel farmaco è efficace in quella data patologia, e quindi il risultato ottenuto in una sperimentazione clinica ( se ben condotta) è applicabile alla generalità dei pazienti con quella patologia.

In medicina omeopatica, viceversa , l’attenzione è focalizzata su una diagnosi di squilibrio di sistema (l’uomo ammalato nel suo insieme), e la terapia deve curare tutto il sistema , e non solo la sua patologia principale . Le varie patologie che il paziente presenta sono viste come l’espressione dello squilibrio del suo sistema , visto nel complesso. Ne consegue che :
a- uno stesso medicinale potrà curare , nella stessa persona, diverse patologie
b- diverse persone ( che hanno quindi squilibri di sistema diversi ) , saranno curate da diversi medicinali omeopatici, anche se condividono la stessa patologia principale
In questo quadro, la domanda da farsi è : la medicina omeopatica è in grado di ottenere risultati riproducibili con diversi sperimentatori in pazienti che abbiano la stessa patologia principale ?
La risposta (come si deduce sia dalla clinica, sia dalla letteratura scientifica, v. dopo ) è senz’altro positiva : la medicina omeopatica è in grado di ottenere risultati riproducibili, utilizzando medicinali prescritti individualmente e quindi non standardizzabili .


2- quali sono i modelli sperimentali utilizzabili nella ricerca clinica omeopatica ?

Premessa : l’omeopatia è stata la prima medicina sperimentale dell’era moderna. In estrema sintesi, ricordiamo che il fondatore dell’omeopatia , Hahnemann :
- ha elaborato dei protocolli di ricerca sull’azione dei medicinali omeopatici ( provings) che hanno permesso la prima raccolta sistematica delle azioni di tali sostanze sull’uomo. I risultati di tali provings sono stati talmente affidabili che vengono ancora oggi utilizzati nella pratica clinica dai medici omeopati
- nei provings omeopatici è stata utilizzata, per la prima volta nella storia della medicina, la metodica del singolo cieco. Tale metodica è stata poi sviluppata nei trials moderni sull’omeopatia in cui è stato utilizzato il doppio cieco [1]

Come mai, allora, gli omeopati hanno sviluppato una ricerca clinica così modesta ? Vi sono molte ragioni, ma le principali sembrano essere :
- da un lato la maggior parte della medicina convenzionale ha fino ad oggi opposto un netto rifiuto allo studio dell’omeopatia, opponendo obiezioni preliminari ( non si deve studiare una medicina di cui non è noto o plausibile il meccanismo d’azione )
- dall’altro lato gli omeopati si sono concentrati essenzialmente sul lavoro clinico, visto che non potevano avere accesso alla ricerca.
La situazione però è in rapido cambiamento :
- al 21\03\2001 vi sono 108 clinical trials sull’omeopatia presenti in Med-line ( mentre dal 1966 al 1990 ve ne sono solo 36 !)
- la principale rivista che studia l’omeopatia da un pdv scientifico , il British homeopathic Journal, è presente su Med-line da alcuni anni
- la comunità omeopatica mondiale , ed anche quella italiana, è sempre più attivamente impegnata nella ricerca clinica .

Quali sono allora i modelli di ricerca clinica utilizzabili per l’omeopatia ? Occorre partire da una osservazione presente sulla nota review sull’omeopatia scritta da Vickers sul BMJ : “ There is currently insufficient evidence that homoeopathy is clearly efficacious for any single clinical condition. “ [2] .
Questa era la situazione della ricerca clinica in omeopatia nel 1999 : la fondamentale meta-analisi di Linde pubblicata su Lancet nel 1997 aveva dimostrato che “ The results of our meta-analysis
are not compatible with the hypothesis that the clinical effects of homeopathy are completely due to placebo “ [3], ma tale affermazione non era stata fino ad allora verificata nella pratica clinica per nessuna patologia. Oggi però la situazione è mutata : vi è almeno una patologia in cui l’omeopatia ha ripetutamente dimostrato la sua efficacia : si tratta dei due fondamentali lavori compiuti dalla Jacobs sul trattamento delle diarre infantili, prima in Nicaragua, e poi nel Nepal [4, 5] . Queste le conclusioni dello studio più recente , svoltosi in Nepal : “ These results are consistent with the finding from the previous study that individualized homeopathic treatment decreases the duration of diarrhea and number of stools in children with acute childhood diarrhea. “
Discuteremo ora ampiamente questo studio, perché offre un ottimo modello per progettare ulteriori studi sull’omeopatia.

Quali sono le caratteristiche dei due studi della Jacobs ?

1- dal punto di vista della metodologia convenzionale :
tali studi offrono il più alto livello di evidenza, secondo la classificazione dell’ EBM :
si tratta di due studi randomizzati, in doppio cieco, contro placebo ; in entrambi gli studi il gruppo sotto trattamento omeopatico ha ottenuto una diminuzione statisticamente significativa nella durata della diarrea e nel numero delle evacuazioni \die.
2- dal punto di vista della metodologia omeopatica :
i due studi offrono il più alto livello di evidenza secondo i parametri che definiscono i lavori di più alta qualità metodologica in omeopatia ( v. sopra) . Infatti :

a- l’esecuzione degli studi è stata compiuta in primis da uno o più omeopati unicisti , con una consolidata esperienza clinica, e con una competenza anche nel campo della epidemiologia clinica e\o della statistica.
Buona parte degli autori, omeopati unicisti, aveva già pubblicato uno studio sul trattamento della diarrea acuta infantile, sul BHJ .

b- la progettazione dello studio ha cercato di partire da come effettivamente viene applicata l’omeopatia ( rispetto della metodologia omeopatica) e poi di misurare i risultati di tale metodologia con parametri già validati scientificamente (misurazione scientifica dei risultati)

- gli autori hanno condotto una intervista ed una esaminazione di ogni bambino secondo le regole dell’omeopatia
- hanno utilizzato un noto programma di repertorizzazione omeopatica computerizzata
- hanno utilizzato per la prescrizione dei medicinali omeopatici le descrizioni contenute in noti testi di omeopatia classica
- hanno infine prescritto un solo medicinale per ogni bambino , somministrato in una delle diluizioni più frequentemente usate in omeopatia, la 30 CH .
- i risultati sono stati misurati con tabelle e parametri già ampiamente utilizzati nella valutazione delle diarre acute infantili

Quindi :
sia dal punto di vista dell’evidenza secondo la medicina convenzionale, sia dal pdv dell’evidenza secondo la medicina omeopatica, i due studi sono altamente convincenti e dimostrano che la terapia omeopatica è efficace nel trattamento delle diarre acute infantili.
In base a tali risultati, si pongono delle ulteriori questioni , dal pdv della possibilità di generalizzare il modello di studio utilizzato (RCT in doppio cieco contro placebo, condotto nel pieno rispetto della metodologia omeopatica) :

a- questo modello può essere applicato ad altre malattie infettive infantili ?
b- questo modello può “ “ solo nella situazione del terzo mondo, o è applicabile anche
nella situazione socio-economica dei paesi sviluppati ?
c- questo modello è applicabile anche nelle patologie croniche ?
d- questo modello è applicabile, nelle patologie croniche , nella situazione specifica italiana ?


E’ interessante notare che sostanzialmene gli stessi autori hanno applicato lo stesso modello in una altra patologia infettiva acuta pediatrica ( le otiti) , compiendo stavolta lo studio in un paese sviluppato ( USA) [6] . Sorprendentemente, però, l’esecuzione dello studio, pur applicando un modello già conosciuto e pur utilizzando una equipe già esperta sul campo, ha incontrato numerose difficoltà. Le difficoltà non emergono tanto dall’abstract riportato, ma dalle considerazioni sullo stesso studio che la Jacobs ha fatto in una recente conferenza internazionale sulla ricerca in omeopatia [7] . L’autrice fa molte interessanti considerazioni a proposito dell’uso degli RCT in omeopatia (il grassetto è del curatore) :
- “ Ci sono molti problemi a proposito dell’uso degli RCT nella ricerca omeopatica. Il primo è il problema dell’individualizzazione . Per preservare l’essenza dell’omeopatia, il trattamento deve essere prescritto specificatamente per ogni persona, basandosi su di una ampia gamma di sintomi mentali, emozionali e fisici . Tutto ciò determina un notevole allontamento dal disegno tradizionale degli RCT , in cui ogni partecipante riceve la stessa medicina per la stessa patologia. Sono stai usati o suggeriti diversi approcci per venire incontro alla necessità della individualizzazione negli studi clinici in omeopatia. Il procedimento più ovvio consiste nell’individualizzare il trattamento per ogni persona, e poi randomizzare ogni partecipante che riceve il medicamento attivo od il placebo. In questo modello, si studia il sistema del trattamento omeopatico individualizzato, non l’effetto di una o più specifiche medicine omeopatiche “ [8]….. “ La maggiore difficoltà ( nei clinical trials in omeopatia) consiste nel tempo, nel denaro e nell’organizzazione necessaria per avere a disposizione medici omeopati allenati a trattare ogni caso individualmente . Nei trials condotti sulla diarrea in Nicaragua ed in Nepal, questo obiettivo è stato raggiunto abbastanza facilmente visto che la malattia era di proporzioni epidemiche e quindi è stato possibile arruolare un grande numero di casi in un breve lasso di tempo . Viceversa, l’arruolamento dei casi è diventato più difficile in uno studio successivo sull’otite media acuta che si è svolto in una clinica pediatrica. E’ stato difficile prevedere quando i bambini con otite media si sarebbero rivolti alla clinica, ed i medici omeopati hanno impiegato la maggior parte del tempo seduti, ad aspettare nuovi casi. Ciò ha determinato un enorme costo per lo studio. Nel tempo in cui sono stati arruolati metà dei casi necessari per il tipo di campione prescelto , i soldi per lo studio sono finiti e lo studio è stato concluso. I risulatati sono stati buoni , ma potrebbero essere stati migliori se avessimo potuto reclutare più partecipanti “ .
In base alle esperienze fin qui svolte , si deduce che :

1- il modello degli RCT in omeopatia è applicabile a queste condizioni :

a- la patologia oggetto di studio deve essere una patologia infettiva acuta ( se la patologia è acuta, ma non infettiva, difficilmente può avere carattere epidemico, v. sotto)
b- la patologia infettiva acuta deve avere carattere epidemico ( altrimenti, diventa praticamente impossibile reclutare i casi necessari ad una adeguata elaborazione statistica)
c- il gruppo di prescrittori deve essere composto da medici di comprovata esperienza e con una formazione culturale ( e quindi una capacità prescrittiva) tendenzialmente omogenea

2- è possibile applicare il modello degli RCT per le patologie acute, nella situazione italiana ?

l’applicazione è piuttosto difficoltosa , in quanto :

a- come in tutti i paesi sviluppati, l’incidenza di patologie infettive acute epidemiche è nettamente inferiore a quello dei paesi in via di sviluppo
b- vista la sostanziale ostilità che la medicina convenzionale italiana ha avuto fin’ora nei confronti dell’omeopatia , diventa difficile da un pdv etico progettare studi in cui la stessa medicina convenzionale abbia valide possibilità terapeutiche.
c- Le uniche patologie acute infettive epidemiche , in cui la medicina convenzionale non abbia ( a parte la prevenzione vaccinale) concrete possibilità, sembrano essere le malattie virali e\o batteriche infantili . Potrebbero quindi essere progettati trials clinici, per esempio sulla parotite o sulla pertosse. Questo però presenterebbe ulteriori problemi :

1- l’esecuzione di tali studi richiede come condizione preliminare che le autorità mediche convenzionali superino i pre-giudizi sull’omeopatia ( altrimenti diventa praticamente impossibile informare i genitori e reclutare quindi i pazienti )
2- occorre anche disporre di un campione sufficientemente ampio di bambini non vaccinati ( è noto che la vaccinazione, quando non la previene, cambia il modo di manifestarsi , la durata e l’intensità della patologia) ; la medicina convenzionale, viceversa, sostiene l’allargamento della copertura vaccinale , e quindi il reclutamento dei pazienti diventa ancora più problematico
3- occorre anche formare un gruppo di omeopati esperti nel trattamento di tali patologie ( che fin’ora non sono state elettivamente trattate con l’omeopatia) : ciò richiede tempo e numerosi casi clinici ( e qui rientriamo nelle difficoltà precedenti )

Si pone infine un altro problema di fondo :

è possibile applicare il modello degli RCT in omeopatia, nelle malattie croniche ?




a tale proposito occorre notare che :

- lo stesso termine “ random” in inglese, significa “ casuale, accidentale, fortuito, occasionale” . La randomizzazione ha infatti lo scopo dichiarato di eliminare l’influenza del terapeuta sul risultato finale della terapia, e per tale motivo i pazienti vengono inviati , mediante apposite tabelle, in uno o nell’altro dei bracci di cui è composto lo studio. In tal modo , si valuta l’azione del medicinale, separata il più possibile dall’influenza del prescrittore sul risultato finale ( la procedura del doppio cieco riduce ulteriormente tale influenza) . Ma , in omeopatia, è possibile eliminare l’influenza del terapeuta ? Gli RCT condotti dalla Jacobs sembrano dimostrare che è possibile. Ma attenzione : sono stati condotti su patologie decisamente acute, valutate dopo 5 giorni .
- E’ viceversa noto , che , almeno nei paesi sviluppati, mano a mano la patologia assume una durata maggiore, i pazienti ( spesso delusi dalla medicina convenzionale) scelgono di essere curati con l’omeopatia , ed una volta che hanno fatto questa scelta, non sono in generale disposti ( anche se per motivi di studio) ad essere assegnati tramite la randomizzazione in uno dei bracci di uno studio, in cui venga somministrato un medicinale convenzionale od un placebo.
- Inoltre, la prescrizione omeopatica, spt. quando il paziente si reca dall’omeopata per una patologia cronica, richedono una frequente modifica sia della diagnosi ( frequentemente, in base alla legge di Hering. V. dopo, ritornano patologie di cui il paziente aveva sofferto in passato) , sia del tipo di medicinale. Come è possibile rispettare queste modalità, essenziali in omeopatia, all’interno di RCT in cui , per definzione :
a- la patologia da trattare deve essere quella di partenza ( viceversa, in omeopatia la patologia può cambiare durante la cura)
b- il medicinale prescritto per ogni paziente ( nel braccio attivo ) deve essre , per quel paziente , sempre uguale ( viceversa , in omeopatia, il medicinale cambia a seconda dei sintomi che presenta il paziente ) ?

Le difficoltà pratiche e di elaborazione statistica per eseguire degli RCT in omeopatia , su pazienti con patologie croniche, sembrano al momento insormontabili. Vi è poi un’altra difficoltà , di cui raramente si tiene conto : la pratica della medicina omeopatica è una scelta cosciente, non solo per il paziente, ma anche per il medico omeopata. Nel limite della nostra conoscenza, non ci risulta che sia mai stato affrontato adeguatamente il problema se la prescrizione contro placebo,in patologie croniche, non alteri a tal punto il setting della visita , e del rapporto medico paziente , in omeopatia, da alterare completamente i risultati della terapia omeopatica. In tale ottica, effettuare studi contro placebo in omeopatia ( invece di eliminare un fattore confondente, come nei trials della medicina convenzionale) rappresenterebbe un grave bias factor sul risultato finale, e quindi sulla validità dello studio stesso.

Tale considerazione permette di contribuire a spiegare alcune osservazioni altrimenti difficilmente interpretabili, quali ad es :
- in un recente trial di alto valore metodologico secondo la medicina convenzionale ( RCT in doppio cieco contro placebo), condotto sulle cefalee, l’omeopatia NON ha dimostrato nessun attività rispetto al placebo [9]. Non a caso , gli autori concludono . “ Further research, with improved trial design, on the possible role of homeopathy in migraine prophylaxis is justified “
- Viceversa, sia la pratica clinica degli omeopati esperti, sia un altro studio ( di tipo prospettico) condotto di recente ( v. sotto) dimostra un alto livello di effettività dell’omeopatia nelle cefalee.





Conclusioni :

la riflessione sui trials fin’ora condotti, e sulla metodologia omeopatica , permette di affermare che , nella situazione italiana ed europea :

a- gli RCT in omeopatia sono praticamente effettuabili sono in patologie infettive acute di carattere epidemico. Tali studi sono più facilmente effettuabili nei paesi in via di sviluppo e presentano numerosi problemi di fattibilità nella situazione italiana , che possono essere superati solo con un deciso impegno da parte delle autorità sanitarie nel senso della integrazione dell’omeopatia nel corpo più generale della pratica medica .

b- gli RCT in omeopatia non sono praticamente effettuabili nelle patologie croniche. Per tali patologie sono adeguati studi prospettici, possibilmente con gruppo di controllo ( v. sotto)

c- il maturare delle esperienze cliniche sul campo farà emergere ulteriori modelli di studio atti a provare l’effettività ed in prospettiva l’efficacia della terapia omeopatica


Bibliografia e note :

[1] Dean ME; University of York; A homeopathic origin for placebo controls: 'an invaluable gift of God'. ; Altern Ther Health Med 2000 Mar;6(2):58-66.

[2] Andrew Vickers, Catherine Zollman; ABC of complementary medicine; Homoeopathy ; BMJ 1999;319:1115-1118 ( 23 October )

[3] Linde K; Clausius N; Ramirez G; Melchart D; Eitel F; Hedges LV; Jonas WB ; Are the clinical effects of homeopathy placebo effects? A meta-analysis of placebo-controlled trials [see comments] [published erratum appears in Lancet 1998 Jan 17;351(9097):220]

[4] Jacobs J; Jiménez LM; Gloyd SS; Gale JL; Crothers D; Department of Epidemiology, School of Public Health and Community Medicine, University of Washington, Seattle; Treatment of acute childhood diarrhea with homeopathic medicine: a randomized clinical trial in Nicaragua [see comments] ; Pediatrics, 93: 5, 1994 May, 719-25

[5] Jacobs J; Jimenez LM; Malthouse S; Chapman E; Crothers D; Masuk M; Jonas ; Department of Epidemiology, School of Public Health and Community Medicine, University of
Washington, Seattle, USA ; Homeopathic treatment of acute childhood diarrhea: results from a clinical trial in Nepal; J Altern Complement Med 2000 Apr;6(2):131-9


OBJECTIVE: To investigate whether the finding in a previous study that homeopathic medicines decrease the duration of acute diarrhea in children could be replicated in a different study population. DESIGN: Randomized, double-blind, placebo-controlled trial. SETTING: Private, charitable health clinic in Kathmandu, Nepal. SUBJECTS: A consecutive sample of 126 children, 6 months to 5 years of age, who presented during April through June, 1994, with more than three unformed stools in the previous 24 hours. INTERVENTION: Children received either an individualized homeopathic medicine or placebo, to be taken one dose after each unformed stool for 5 days. Parents recorded daily stools on diary cards, and health workers made home visits daily to monitor children. OUTCOME MEASURES: Predefined measures were based on the previous study: (1) duration of diarrhea, defined as the time until there were fewer than three unformed stools per day, for two consecutive days, and (2) Average number of stools per day for each group. RESULTS: Of the 126 children initially enrolled, 116 completed treatment. The mean number of stools per day over the entire 5-day treatment period was 3.2 for the treatment group and 4.5 for the placebo group (P = 0.023). A Kaplan-Meier survival analysis of the duration of diarrhea, which included data from all patient visits, showed an 18.4% greater probability that a child would be free of diarrhea by day 5 under homeopathic treatment (P = 0.036). CONCLUSIONS: These results are consistent with the finding from the previous study that individualized homeopathic treatment decreases the duration of diarrhea and number of stools in children with acute childhood diarrhea.

[6] Jacobs J; Springer DA; Crothers D; Department of Epidemiology, School of Public Health and Community Medicine, University of Washington, Seattle, USA Homeopathic treatment of acute otitis media in children: a preliminary randomized placebo-controlled trial; Pediatr Infect Dis J 2001 Feb;20(2):177-83.

ABSTRACT: BACKGROUND: The use of antibiotics in the initial treatment of acute otitis media is currently being questioned. Homeopathy has been used historically to treat this illness, but there have been no methodologically rigorous trials to determine whether there is a positive treatment effect. METHODS: A randomized double blind placebo control pilot study was conducted in a private pediatric practice in Seattle, WA. Seventy-five children ages 18 months to 6 years with middle ear effusion and ear pain and/or fever for no more than 36 h were entered into the study. Children received either an individualized homeopathic medicine or a placebo administered orally three times daily for 5 days, or until symptoms subsided, whichever occurred first. Outcome measures included the number of treatment failures after 5 days, 2 weeks and 6 weeks. Diary symptom scores during the first 3 days and middle ear effusion at 2 and 6 weeks after treatment were also evaluated. RESULTS: There were fewer treatment failures in the group receiving homeopathy after 5 days, 2 weeks and 6 weeks, with differences of 11.4, 18.4 and 19.9%, respectively, but these differences were not statistically significant. Diary scores showed a significant decrease in symptoms at 24 and 64 h after treatment in favor of homeopathy (P < 0.05). Sample size calculations indicate that 243 children in each of 2 groups would be needed for significant results, based on 5-day failure rates. CONCLUSIONS: These results suggest that a positive treatment effect of homeopathy when compared with placebo in acute otitis media cannot be excluded and that a larger study is justified.

[7] Jacobs J ; homeopathic research with heart blending the art of homeopathy with the science of clinical research ; proceedings of “ improving the success of homeopathy 3 : reuniting art with science, pag. 12-17 ; The royal london homeopathic hospital

[8] questa considerazione è particolarmente importante :
- gli RCT condotti nella medicina convenzionale studiano gli effetti di un medicinale in diversi soggetti che hanno la stessa patologia. Di conseguenza, tali studi definiscono l’efficacia o meno di tale medicinale in quella patologia, e determinano quindi le indicazioni cliniche del medicinale .
- gli RCT condotti nella medicina omeopatica studiano gli effetti di un sistema medico ( l’omeopatia) in diversi soggetti con la stessa patologia. Rispondono alla domanda : l’omeopatia ( e non un singolo medicinale !!) è più o meno efficace del placebo , o di un altro trattamento , in questa patologia ? . Di conseguenza, gli RCT in omeopatia studiano l’efficacia o meno dell’omeopatia in quella patologia , e non permettono quindi di stabilire nessuna indicazione terapeutica per nessun medicinale omeopatico utilizzato . Per tornare al nostro esempio, la conclusione che si può trarre dai 2 RCT citati è : l’omeopatia è efficace nel trattamento delle diarre infantili . Ma poiché i diversi medicinali omeopatici ( per pazienti con la stessa patologia) sono somministrati da medici ( che devono avere la competenza di sceglierli correttamente, pena l’assenza di efficacia ) , ne consegue che per potere ottenere la riproducibilità del risultato in un altro trial , occorre che i medici sperimentatori , fra i diversi trials, abbiano un livello paragonabile di competenza omeopatica. Il parametro per ottenere la riproducibilità, in omeopatia, si sposta dal medicinale alla competenza del medico . Non a caso, sempre la Jacobs nota, nell’articolo citato : “ La maggiore difficoltà ( nei clinical trials in omeopatia) consiste nel tempo, nel denaro e nell’organizzazione necessaria per avere a disposizione medici omeopati allenati a trattare ogni caso individualmente “
Proprio per questa ragione, la Società Italiana di Medicina Omeopatica ha già da tempo condotto programmi per la qualificazione delle scuole di omeopatia italiane e con queste linee-guida sta definendo le caratteristiche che devono avere i medici per fare ricerca clinica omeopatica.

[9] Straumsheim P; Borchgrevink C; Mowinckel P; Kierulf H; Hafslund O; Arena Medisinske Senter, Sognsveien, Oslo, Norway; Homeopathic treatment of migraine: a double blind, placebo controlled trial of 68 patients [see comment] ; Br Homeopath J 2000 Jan;89(1):4-7

ABSTRACT:
To evaluate the efficacy of homeopathy in preventing migraine attacks and accompanying symptoms, a randomised, double-blind, placebo-controlled clinical trial was conducted. There was a one-month registration period without treatment, followed by four months individualised homeopathic treatment or identical placebo. Patients were stratified for common or classical migraine. Seventy-three patients were randomised, 68 completed the trial. Baseline values were similar in the two groups. Both the homeopathy and placebo groups had reduction in attack frequency, pain intensity and drug consumption, with a statistically non-significant difference favouring homeopathy. Migraine diaries showed no difference between groups. The neurologists' trial evaluation showed a statistically significant reduction in attack frequency in the homeopathy group (P= 0.04) and non-statistically significant trends in favour of homeopathy for pain intensity and overall evaluation. Further research, with improved trial design, on the possible role of homeopathy in migraine prophylaxis is justified.




RIPORTIAMO DI SEGUITO LA PARTE PRECEDENTE DEL DOCUMENTO. VI SONO DIVERSE RIPETIZIONI, DOVUTE AL FATTO CHE QS. VERSIONE è UNA BOZZA DI LAVORO





Come si vede, l’attenzione si sposta sui “ risultati riproducibili ottenuti da diversi sperimentatori “ . Quali sono quindi le condizioni per ottenere questa riproducibilità ? (primo parametro)

1- gli sperimentatori ( i medici che conducono i trials) sono omeopati di comprovata esperienza (v. sopra) . In tal modo si ottengono risultati comparabili ( con un range di oscillazione, come d’altronde succede anche nella medicina convenzionale per l’azione dei farmaci testati in diversi trials [2] ) nelle diverse sperimentazioni ed esperienze cliniche , che trattino pazienti con la stessa patologia principale
2- il medicinale omeopatico è prescritto all’interno del rapporto medico-paziente ( che sceglie consapevolemente la terapia omeopatica) , e la sua modulazione richiede un rapporto medico-paziente continuo e consapevole , sia da parte del medico che del paziente. Di conseguenza, le sperimentazioni cliniche in omeopatia classica non possono essere randomizzate ed in doppio cieco : lo scopo dichiarato di tali procedure , in medicina convenzionale,è l’eliminazione dell’influenza della relazione medico-paziente sugli effetti del farmaco. In medicina omeopatica, l’effetto del medicinale è inscindibile dalla relazione medico-paziente, all’interno della quale è necessariamente prescritto. Si può obiettare che in tal modo non è chiaro se l’efficacia dell’omeopatia dipende dall’azione del medicinale omeopatico o dall’effetto placebo, e che si potrebbe quindi utilizzare solo l’effetto placebo al posto del medicinale omeopatico.
Tale osservazione è già stata superata nelle 2 fondamentali meta-analisi di Kleijnen e di Linde [3] , che hanno dimostrato come l’azione dell’omeopatia sia superiore e distinta dal placebo. Il limite concettuale di tali meta-analisi, è che i lavori presi in considerazione rispecchiano le esigenze metodologiche della medicina convenzionale ( sono quindi randomizzati ed in doppio cieco), ma nella stragrande maggioranza dei casi non rispecchiano, proprio per il disegno inziale dello studio, la pratica clinica corrente omeopatica. Tali studi permettono di rispondere a questa domanda :
la prescrizione di farmaci omeopatici , o preparati omeopaticamente, , ha effetti superiori al placebo su di una stessa patologia, in studi randomizzati ed in doppio cieco ?

La risposta è generalmente positiva. Da questa domanda, ne deriva un’altra:
La prescrizione omeopatica eseguita all’interno di studi randomizzati ed in doppio cieco su di una determinata patologia , riflette le prescrizioni degli omeopati, in pazienti con le stesse patologie ?

La risposta è , nella massima parte dei casi , negativa ; infatti, gli studi randomizzati ed in doppio cieco rispondono alle esigenze metodologiche della medicina convenzionale ( all’interno della quale si è infatti sviluppata questa metodologia di ricerca) , ma non riflettono il modo di lavorare degli omeopati. Può quindi succedere , per esempio, che uno studio randomizzato ed in doppio cieco arrivi ad una certa conclusione, ma che i risultati ottenuti nella pratica omeopatica siano completamente diversi . Oppure, può succedere che uno studio porti a delle conclusioni non applicabili sul piano pratico : l’esempio classico è fornito dal lavoro(randomizzato ed in doppio cieco ) di Reilly [4] sull’uso di pollens nell’asma . Il lavoro ha dimostrato che pollens è più attivo del placebo : ma tale risultato non permette di affermare che l’omeopatia è efficace nell’asma, perché in tale lavoro non sono stati testati i medicinali che più frequentemente gli omeopati usano nei pazienti con asma. Se si fossero voluto testare tali medicinali, sarebbero stati inclusi diversi medicinali ( prescrizione individualizzata: quindi non si sarebbe prescritto solo pollens, che fra l’altro è stato testato solo come modello sperimentale, ma non è un medicinale che solitamente gli omeopati prescrivono nei pazienti con asma ) prescritti all’interno di un rapporto medico paziente consapevomente scelto e mantenuto ( e quindi lo studio non sarebbe stato randomizzato ed in doppio cieco) .
Vi è poi un ulteriore problema : l’atteggiamento dei pazienti nei confronti della medicina omeopatica . Molti pazienti , scegliendo l’omeopatia , scelgono anche un modello di cura che implica anche un diverso rapporto con la propria salute in generale. Il rapporto con la salute tipico della medicina convenzionale è notevolmente diverso. Per fare un esempio, un paziente che sceglie di curarsi con l’omeopatia, se sviluppa una influenza con febbre elevata, interpreterà tale febbre come espressione della capacità di reazione dell’organismo , e quindi non assumerà farmaci anti-piretici per abbassare la temperatura ; viceversa, assumerà medicinali omeopatici che , stimolando ulteriormente le capacità di difesa dell’organismo, lo aiuteranno a guarire . Viceversa, un paziente che sceglie la medicina convenzionale interpreta la febbre elevata come malattia tout-court e quindi assumerà rapidamente farmaci antipiretici per abbassare rapidamente la temperatura.
Che conseguenze hanno questi diversi atteggiamenti sull’elaborazione di modelli sperimentali clinici in omeopatia ? Una delle conseguenze, è appunto che non è possibile applicare la randomizzazione ai protocolli di ricerca in omeopatia : se per es. si reclutano dei pazienti , di cui alcuni già si curano con l’omeopatia , ed alcuni con la medicina convenzionale, dopo aver formato i gruppi omogenei si procederà alla divisione randomizzata dei pazienti : in tal modo , alcuni pazienti che hanno un modello di gestione della salute tipico della medicina convenzionale, saranno assegnati alla medicina omeopatica, e viceversa. In tal modo, tornando all’esempio di prima , se vogliamo studiare con un trial randomizzato l’effettività dell’omeopatia rispetto alla medicina convenzionale nei pazienti con influenza, quale sarà l’atteggiamento dei pazienti rispetto alla terapia ? Un paziente che ha scelto il modello di riferimento della medicina convenzionale , se assegnato al gruppo omeopatico, difficilmente accetterà di non abbassare rapidamente la febbre ; specularmente , un paziente che ha scelto il modello di riferimento dell’omeopatia , difficilmente accetterà di abbassare la febbre rapidamente con un antipiretico ; ciò porterebbe a due conseguenze che inficerebbero completamente i dati sperimentali :
a- i pazienti che assumono un medicinale che non rispetta il proprio modello di salute svilupperebbero una probabile avversione alla terapia : in tal modo,l’effetto placebo ( effetto positivo della relazione medico-paziente sull’omeopatia) verrebbe sostuito dall’effetto nocebo ( effetto negativo della relazione medico-paziente sulla terapia) . Di conseguenza, non solo i risultati verrebbero falsati, ma lo scopo dichiarato della randomizzazione ( eliminare l’influenza della relazione medico-paziente sui risultati della terapia ) non sarebbe raggiunto , ma si avrebbe solo la sostituzione di un effetto positivo ( placebo ) con uno negativo (nocebo)
b- tale situazione porterebbe ad un drammatico aumento dei drops-out : ed a questo punto tutto il modello sperimentale rischierebbe di bloccarsi .
Infine , se tali difficoltà sono prevedibili per una randomizzazione da applicare allo studio con medicina omeopatica\medicina convenzionale in pazienti con l’influenza, che è una malattia non grave, sono prevedibili difficoltà ancora maggiori in altre patologie più gravi , in cui l’influenza dei modelli di salute scelti a priori dal paziente ha una una importanza ancora maggiore.

Con ogni probabilità, è proprio per tali antinomie intrinsiche che a tutt’oggi il numero dei trials randomizzati eseguiti sull’omeopatia è molto basso,od anche quando siano stati eseguiti ( cfr. ad es. Reilly, op. cit.) non abbiano prodotto conseguenze clinicamente rilevanti.

Come si può vedere, il cercare di applicare a tutti i costi ,tutte le regole metodologiche della medicina convenzionale all’omeopatia, porta a non rispondere alla domanda di partenza : qual è l’effettività dell’omeopatia in pazienti con la stessa patologia ?
E’ quindi del tutto evidente che occorre progettare protocolli di ricerca adeguati a ciò che si intende studiare, cioè la medicina omeopatica.
Si pone infine un’ultima domanda : esistono ( o sono comunque progettabili ) studi in cui si applichino questi concetti ?
La risposta è ancora una volta positiva .Il numero di tali studi è ancora basso, ma un numero crescente di studi è in progettazione ( l’omeopatia è studiata in trials clinici solo di recente , e solo pochi studi rispettano i concetti di cui sopra, in quanto nella maggior parte dei trials eseguiti si sono applicate metodologie non applicabili all’omeopatia ) . In base all’esperienza fin qui acquisita, si può affermare che :
a- tali studi , riflettendo le modalità di lavoro dei medici omeopati , sono eseguibili abbastanza facilmente, ed a costi contenuti [5]
b- i risultati di questi studi confermano l’alta effettività della medicina omeopatica [5]

[1] Il concetto di medico omeopata qualificato è un concetto su cui si è concentrato il lavoro dell’ECH (European Committee for Homoeopathy, v. il documento “ Omeopatia in Europa, § 4.2 “ Medici omeopati qualificati “ http://www.omeomed.net/sub_index/Articoli/standards/ech98.html#4.2) a livello europeo degli ultimi 10 anni e, in linea con questo ,il lavoro della Società Italiana di Medicina Omeopatica in Italia ( www.omeomed.net ) . “. Cfr. anche il testo di autoregolamentazione dei medici omeopati italiani “Normativa per la formazione e qualificazione professionale in medicina omeopatica”; Nuova Ipsa Editore, Palermo 1997.
L’analisi sulle modalità di ricerca fin qui svolte,anche recenti,in simultanea su paesi europei,ha fatto rilevare come,oltre alla competenza tecnica,sia necessaria una “formazione alla ricerca” e una chiarezza metodologica del protocollo di ricerca:senza questi requisiti sono inattendibili (nel positivo o nel negativo) i risultati della ricerca stessa.
[2] in effetti, nel processo che porta ad una qualsiasi prescrizione medica, vi sono 3 elementi fondamentali:
a- il medico
b- il rapporto medico-paziente
c- la terapia prescritta
la medicina convenzionale mette fra parentesi i primi 2 fattori , e punta tutto sul terzo. La medicina omeopatica esalta il ruolo dei primi due fattori ( la preparazione del medico e la qualità della relazione medico-paziente) in quanto è consapevole che il terzo fattore ( la terapia) deriva dai primi due.
[3] Kleijnen J; Knipschild P; Riet G; Department of Epidemiology and Health Care Research, University of Limburg, Maastricht, The Netherlands. Clinical trials of homoeopathy [published erratum appears in BMJ 1991 Apr 6;302(6780):818] [see comments]; BMJ 1991 Feb 9;302(6772):316-23
Linde K. et al. ; Are the clinical effects of homeopathy placebo effects? A meta-analysis of placebo-controlled trials; Lancet, 1997 Sep 20;350(9081):834-43
[4] Reilly DT; Taylor MA; McSharry C; Aitchison T; Is homoeopathy a placebo response? Controlled trial of homoeopathic potency, with pollen in hayfever as model;
Lancet 1986 Oct 18;2(8512):881-6
[5] a titolo di esempio, questa impostazione è alla base dello studio osservazionale sulle cefalee condotto da Muscari e collaboratori, che ha dimostrato una diminuzione altamente significativa (p=0.001) del dolore in pazienti con cefalee croniche
Gennaro Muscari Tomaioli(1)(2), Federico Allegri(1), Elvino Miali(1), Raffaella Pomposelli(2), Pierluigi Tubia(1)(2) e Paolo Bellavite(3)
(1) Gruppo di studio sulle Medicine Non Convenzionali presso l’Ordine dei Medici Ch.O. di Venezia
(2) Scuola di Medicina Omeopatica di Verona, Piazzetta S. Francesco 6, 37123 Verona
(3) Osservatorio Medicine Complementari, Dipartimento di Scienze Morfologico Biomediche, Università di Verona;
Un protocollo per le cefalee; Medicina Naturale n. 2 marzo 2000 (28-31)

- inoltre, nel corso delle 2 recenti epidemie influenzali ( anno 1998-99 e 1999-2000) tale impostazione ha portato ad una diminuzione di circa il 50 % della durata della febbre in oltre il 90 % dei soggetti trattati , su un totale di oltre 200 soggetti . Da notare che in tale casistica risultati praticamente sovrapponibili sono stati ottenuti dai due medici che , usando medicinali diversi, hanno curato con l’omeopatia i loro pazienti (Pomposelli Raffaella, Valeri Andrea ; Scuola di omeopatia di Verona http://www.omeopatia.org/; dati non pubblicati) ; ciò conferma che l’omeopatia può essere applicata su larga scala, anche in situazioni epidemiche, purchè sia praticata da medici omeopati qualificati, all’interno di una efficace relazione medico-paziente.

2- modalità di svolgimento della visita omeopatica

la prescrizione omeopatica deriva ( v. sopra) da una profonda relazione fra il medico ed il paziente. Ciò richiede tempo. Nell’esperienza degli omeopati qualificati, una corretta prescrizione omeopatica richiede , in linea generale, :
- almeno 60 minuti per la prima visita
- almeno 30 minuti per le visite successive

Inoltre, una corretta prescrizione omeopatica richiede l’uso del repertorio ( raccolta sistematica dei sintomi omeopatici) . E’ preferibile ( anche se non obbligatorio) l’uso di un repertorio informatizzato , che permette una più facile sistematizzazione dei sintomi.

Infine, il rapporto medico omeopatico –paziente si è storicamente sviluppato , almeno in Italia, essenzialmente a livello ambulatoriale . Nella scelta quindi dei medici qualificati per eseguire sperimentazioni cliniche in omeopatia, si sceglieranno essenzialmente medici che lavorano a livello ambulatoriale. E’ possibile anche includere medici che pratichino l’omeopatia a livello ospedaliero, purchè questi medici assicurino la continuità terapeutica col paziente ( il medico che segue la cura omeopatica è lo stesso che ha dato la prima prescrizione, ) e la reperibilità telefonica per le chiamate dei pazienti dopo la prima visita ( v. paragrafo 4)

Di conseguenza, si introduce un secondo parametro :
la prescrizione del medicinale omeopatico deve essere effettuata all’interno di visite che durino almeno 60’ ( prime visite) o 30 ‘ ( visite successive) . L’omeopata deve usare il repertorio nella scelta del medicinale omeopatico . Gli omeopati sperimentatori lavorano spt. a livello ambulatoriale


3- modalità di prescrizione del medicinale omeopatici

una corretta metodologia usata nella raccolta e nella elaborazione dei sintomi detti dal paziente e dei segni che il medico osserva, è essenziale per la scelta del medicinale omeopatico. A livello operativo, si elencano i seguenti parametri fondamentali (terzo parametro) :
a- i sintomi scelti (sintomi omeopatici) devono riflettere spt. la peculiarità di espressione del paziente rispetto alla sua situazione patologica, piuttosto che i sintomi tipici della sua patologia. [1]
b- i sintomi omeopatici cosi’ raccolti non devono, come numero [2] :
- essere inferiori a tre
- essere superiori a 15

c- il medico omeopata darà la preferenza, nella scelta dei sintomi a quelli :
- espressi con intensità e nettezza da parte del paziente
- presenti nel paziente sia al momento della visita, sia nei mesi o negli anni precedenti ( sintomi storici)

d- una volta raccolti i sintomi omeopatici, il medico omeopata , tramite la repertorizzazione , otterrà una rosa di alcuni medicinali omeopatici che presentano i sintomi da lui scelti [3] . Fra questi medicinali ( medicinali candidati) dovrà effettuare la prescrizione di un solo medicinale confrontando l’insieme dei sintomi e dei segni presentati dal paziente ( sintomi e segni omeopatici + sintomi e segni comuni alla patologia) con l’insieme dei sintomi prodotti dai diversi medicinali candidati nei testi che descrivono l’azione dei medicinali omeopatici ( materie mediche omeopatiche)
- il medicinale prescritto sarà quello che :

1 - in base alla repertorizzazione presenta la maggiore similitudine come sintomi (sia come frequenza,sia come intensità) rispetto a quelli presentati dal paziente
2- è caratterizzato da un quadro, ricavato dalle materie mediche , il più simile possibile rispetto alla totalità dei sintomi del paziente ( sintomi omeopatici + sintomi tipici della patologia)

Note :
[1] per esempio : un paziente soffre di cefalea, e presenta contemporaneamente due sintomi :
- la cefalea è migliorata dal riposo
- la cefalea peggiora bevendo la birra
il medico omeopata darà importanza spt. al secondo sintomo, in quanto peculiare di quel paziente e non condiviso dalla maggioranza dei pazienti che soffrono di cefalea ( viceversa, il miglioramento col riposo è molto più comune fra chi soffre di cefalea)
[2] non è infatti tecnicamente possibile ricavare una rosa di medicinali omeopatici fra cui scegliere il medicamento appropriato , se non si hanno almeno 3 sintomi omeopatici. Viceversa, una scelta del medicinale fatta con troppi sintomi ( oltre 15 ) implica che il medico omeopata non ha saputo scegliere , nel caso specifico, i sintomi omeopatici , e che quindi la prescrizione con ogni probabilità non sarà corretta
[3] un elenco delle materie mediche omeopatiche si trova nel cd-rom “Zizia” ( per Windows) o “ Reference Works” (per Win\Mac) ; altre materie mediche si trovano nella libreria elettronica detta “ Ex libris”


4- valutazione degli effetti della terapia omeopatica

- la valutazione degli effetti della terapia omeopatica è un problema particolarmente complesso, in quanto ancora una volta i parametri di valutazione della medicina omeopatica differiscono da quelli della medicina convenzionale . Schematicamente ( quarto parametro) :

a- i medicinali omeopatici devono essere assunti dal paziente per lungo periodo (almeno 6 mesi ) : questo non solo perché è necessario valutare l’azione del medicinale in pazienti con malattie croniche , ma anche perché è frequente che, nell’ambito della relazione medico-paziente in omeopatia, sia necessario modulare la terapia ( per es. aumentando la diluizione del medicinale prescritto) o cambiare, in base alla risposta del paziente dopo la prescrizione , anche il medicinale omeopatico ( seconda prescrizione) : questo significa che occorre eseguire studi prospettici

b- gli studi clinici non devono essere randomizzati ed in doppio cieco : questo perché lo scopo (dichiarato) di queste 2 procedure sperimentali è la riduzione al massimo livello possibile dell’influenza della relazione medico-paziente nella valutazione dell’efficacia della terapia, mentre abbiamo visto più sopra (§ 1) che viceversa in omeopatia classica la corretta prescrizione omeopatica è inscindibile da tale relazione. [1] . Occorre quindi eseguire studi prospettici osservazionali

c-è auspicabile eseguire studi con gruppo di controllo : tali studi permettono di rispondere alla domanda se , in pazienti che soffrono di una data patologia principale, la terapia omeopatica sia più o meno efficace della terapia convenzionale o di altre terapie. Vi sono in letteratura scientifica già alcuni esempi di tali studi , che hanno in generale dimostrato che l’effettività della terapia omeopatica è maggiore della terapia convenzionale [2] .

In sintesi , in base alle attuali conoscenze, gli meglio in grado di misurare l’effettività dell’omeopatia classica sono :
studi prospettici osservazionali non randomizzati con gruppo di controllo

E’ interessante notare che gli stessi parametri per giudicare la validità di uno studio clinico in omeopatia presenti nella raccolta probabilmente più ampia ( on-line) degli studi controllati in omeopatia, pubblicati sul sito della British Homeopathic Library [2’]
“ The criteria for inclusion in this list are that the trial should have two or more comparison groups (not necessarily a placebo group, that it should be on humans, that it should be prospective and that it should give some results. “



d- i protocolli di studio devono comprendere :

1 - una misurazione complessiva dello stato di salute dell’individuo : a tale scopo, esistono, e sono già validati a livello scientifico , questionari sulla qualità della vita (SF 12, SF 36 ) , che permettono tale misurazione. In sintonia con ciò, la terapia omeopatica impone una valutazione continua dello stato di salute complessivo dell’individuo. I questionari sulla qualità della vita rispondono quindi ad una delle esigenze della terapia omeopatica e sono già stati testati sul campo [v. studio osservazionale sulle cefalee, già citato] con risultati soddisfacenti
2- una misurazione da un pdv omeopatico dell’evoluzione della sintomatologia della patologia principale oggetta di studio : la valutazione dell’evoluzione della sintomatologia deve rispondere al modello enunciato come “legge di guarigione di Hering” . La legge di Hering è universalmente usata, nella medicina omeopatica, per valutare l’effetto del medicinale, come chiarisce anche il già citato documento dell ‘ ECH : “ La legge di Hering (v: 3.1: brevi cenni storici, e 3.6: il consulto) è il criterio per la valutazione dell'effetto terapeutico a lungo termine. “ [3]
Nell’ambito di un protocollo di sperimentazione clinica omeopatica, è indispensabile applicare tale modello nella valutazione dei sintomi, altrimenti sintomi che possono insorgere dopo l’inizio della terapia e che sono interpretabili ( secondo la legge di Hering) come miglioramenti del quadro sintomatologico, sarebbero interpretati secondo la medicina convenzionale come effetti collaterali . Per esempio, se un paziente asmatico (che soffriva anni prima di eczema) inizia la terapia omeopatica, è probabile che la terapia efficace produca , dopo il miglioramento dell’asma, il ritorno dell’eczema originario del paziente . Tale regressione sintomatologica rappresenta , da un pdv. omeopatico, un sicuro segnale che la terapia è corretta e che il paziente sta migliorando. [4] . La valutazione da un pdv omeopatico dell’evoluzione della sintomatologia deve essere ulteriormente specificata nei singoli protocolli e nelle diverse patologie oggetto di studio

3- la misurazione dell’effetto della terapia omeopatica sulla patologia principale : tale misurazione si effettua con le metodiche già usate nella medicina convenzionale, usando di preferenza metodi di misurazione utilizzabili a livello ambulatoriale [5] . L’utilizzo di metodi ambulatoriali è da preferire a quelli utilizzabili solo a livello ospedaliero , in quanto più coerente con lo scopo principale della sperimentazione, che è appunto la misurazione dell’effectiveness dell’omeopatia. Inoltre, tale misurazione deve tener conto dell’ aggravamento terapeutico [6] , fenomeno che si osserva frequentemente durante la terapia omeopatica corretta. Poiché nell’aggravamento terapeutico il peggioramento della sintomatologia è seguito dal miglioramento della stessa [7] , nei protocolli di ricerca occorre che il primo controllo dei risultati della terapia omeopatica sia eseguito, a non meno di un mese di distanza dall’inizio della terapia ( se il controllo è eseguito prima, si possono ottenere risultati non attendibili) . E’ anche evidente che la terapia omeopatica sarà sospesa se l’aggravamento delle condizioni del paziente, comunque interpretato, sia tale da mettere seriamente a repentaglio la sua salute.

4- una elaborazione statistica dei dati ottenuti e conservazione dei dati : l’elaborazione statistica dei dati ottenuti da questi studi deve essere fatta da un osservatorio indipendente da chi esegue lo studio ( i medici omeopati). Tale osservatorio , oltre a possedere le necessarie competenze statistiche, deve formato da ricercatori che conoscano con precisione le modalità operative dell’omeopatia classica; la custodia dei dati deve essere fatta dall’osservatorio. A tale scopo si propone la struttura dell’osservatorio per le medicine complementari dell’ Università di Verona, del dipartimento di Scienze Morfologiche Biomediche , che da anni opera nel settore ed ha acquisito il know-how necessario [8]

Note
[1] In tal modo, non è possibile distinguere l’azione del medicinale da quella della relazione medico-paziente. Tale problema, però, è , almeno in parte, già superato , in quanto :
a- l’applicazione di queste procedure sperimentali tipiche della medicina convenzionale in omeopatia è già stata provata , v. per es. il lavoro già citato di Reilly
b- poiché lo scopo della divisione fra l’effetto del medicinale e quello della relazione medico-paziente è quello di poter disporre di una terapia efficace, è interessante notare come sia stato già dimostrato che , anche in studi eseguiti senza randomizzazione e doppio cieco, ma con un gruppo di controllo, la terapia omeopatica sia risultata nettamente più efficace della terapia convenzionale , anche a parità di relazione medico-paziente ( v. lavoro citato nella nota 2 di questo paragrafo )
c- una volta che siano stati eseguiti studi prospettici osservazionali ( che rispettano quindi la metodologia della medicina omeopatica) nei pazienti affetti da diverse patologie, si avrà una prova dell’effettività dell’omeopatia , e quindi si avrà la risposta alla domanda principale. D’altronde, è accettato anche a livello scientifico che ogni medicina , come ogni scienza, ha una propria metodologia e che quindi, per studiarla da un pdv scientifico, occorra approntare metodiche specifiche . L’applicazione meccanica di metodiche nate in ambiti diversi ( in questo caso nell’ambito della medicina convenzionale) produce solo risposte parziali che non possono concettualmente fornire nessuna indicazione clinica (scopo dichiarato delle sperimentazioni cliniche)
[2] cfr. ad es. : Friese KH; Kruse S; Ludtke R; Moeller H; Haunersches Kinderspital, Munchen, Germany; The homoeopathic treatment of otitis media in children--comparisons with conventional therapy; Int J Clin Pharmacol Ther 1997 Jul;35(7):296-301
[2’] la British Homeopathic Library comprende il data-base più ampio al mondo della letteratura omeopatica classica . Può quindi essere paragonata a Med-Line per quanto riguarda l’omeopatia. E’ situata all’interno del Glasgow Homeopathic Hospital, centro clinico strettamente collegato all’ Università Omeopatica di Glasgow. Riportiamo l’indirizzo web della raccolta degli studi controllati in omeopatia : http://dspace.dial.pipex.com/hom-inform/
[3 ] Riportiamo la definizione della legge di Hering, dal testo : La scienza dell’omeopatia
di G. Vithoulkas, ed. libreria Cortina Verona, 1986, pag. 211
“ legge di Hering : la guarigione procede dall’alto in basso, dall’interno all’esterno, dagli organi più importanti a quelli meno importanti, e nell’ordine inverso di apparizione dei sintomi “
Tale legge, che può a prima vista apparire strana a chi non pratica l’omeopatia, deriva semplicemente dalla sistematizzazione di migliaia di meticolose osservazioni cliniche, confrontando lo stato di salute del paziente prima e dopo il medicinale omeopatico. Sottolineamo anche come tale modello interpretativo è condiviso da altre discipline cliniche , anche non omeopatiche : per es. , in otorinolaringoiatria è osservazione comune che una rinite che si scarichi all’esterno ha una evoluzione nettamente migliore di una rinite che vada verso l’interno, e quindi si complichi in sinusite.
[4] tale concetto è condiviso anche da altre terapie : per es. in medicina termale si parla di “crisi termale”, intendendo con questo termine il peggioramento temporaneo ed il ritorno in superficie di sintomi che il paziente aveva nel passato; in psicoterapia ed in psicosomoatica si parla di “ “riemersione del rimosso”.
[5] ad esempio scale analogiche per la valutazione del dolore, oppure misurazioni del tipo e della quantità di medicinali convenzionali assunti prima e dopo la terapia omeopatica ecc.
[6] “ Temporary worsening of existing symptoms following the administration of a correctly chosen homoeopathic prescription, which indicates a favourable response to treatment “
definizione tratta da : EUROPEAN DICTIONARY OF HOMOEOPATHY; Commissioned By
The Homoeopathic Medicine Research Group ; Supported by Directorate-General XII (Science, Research and Development) of the European Commission
[7] “ An initial aggravation of symptoms was noted more often in patients receiving the potency and was followed by an improvement in that group “ tratto da Reilly, op. cit.
[8] altre organizzazioni , istituzionali o non , che intendano occuparsi dell’elaborazione e conservazione dei dati devono possedere le necessarie competenze in medicina omeopatica, pena la non validità dei risultati degli studi stessi


Conclusioni :

il progressivo affermarsi , a tutti i livelli, dell’omeopatia, rende urgente la realizzazione di corrette sperimentazioni cliniche in omeopatia. A differenza di altri paesi europei ed extra-europei, l’omeopatia non è stata fino ad oggi riconosciuta ufficialmente in Italia. Gli omeopati italiani hanno quindi dovuto maturare la loro esperienza quasi esclusivamente al di fuori dell’ambito universitario e della ricerca ; inoltre , autorevoli esponenti della medicina convenzionale hanno ripetutamente affermato che “ non è utile fare o finanziare ricerche sull’omeopatia” . In tale situazione è praticamente stato impossibile, a tutt’oggi, eseguire progetti di ricerca sull’omeopatia , in Italia ; non a caso , quasi tutti i lavori scientifici clinici sull’omeopatia sono stati compiuti da omeopati stranieri.
Oggi però la situazione inizia a cambiare, anche in Italia. E’ in atto un progressivo , anche se ancora timido, interessamento da parte delle istituzioni sanitarie ; inoltre, la diffusione delle tecnologie informatiche permette lo scambio di dati e l’esecuzione di progetti di sperimentazione clinica anche da parte di piccoli gruppi di omeopati indipendenti ( come quello che ha eseguito il citato lavoro sulle cefalee) . In tale quadro, la Società Italiana di Medicina Omeopatica ha deciso di offrire, sia alla comunità omeopatica italiana ed internazionale, sia alla medicina convenzionale, queste linee-guida per uno scopo preciso : favorire le sperimentazioni cliniche in omeopatia.
La Società Italiana di Medicina Omeopatica opererà autonomamente, e nel contempo cercherà di attivare tutte le possibili forme di cooperazione con altre Società scientifiche e con le istituzioni per portare a termine tale progetto . Crediamo infatti in un medico omeopata qualificato, attento al paziente, e che nello stesso tempo sviluppi la ricerca clinica in omeopatia . Questo è il nostro scopo, ed insieme cercheremo di raggiungerlo.



Glossario :

RCT : randomized controlled trial = studi clinici con gruppodi controllo, randomizzati. Sono correntemente definiti , in medicina convenzionale, come gli studi clinici di più alto livello metodologico ( gold clinical trials)