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SUGLI ESITI DELLA CAMPAGNA VACCINALE CONTRO L’INFLUENZA A posted on 29-12-2009

SUGLI ESITI DELLA CAMPAGNA VACCINALE CONTRO L’INFLUENZA A

Esistono intendimenti scientifici diversi ed a volte divergenti in riferimento all’utilizzo delle vaccinazioni antiinfluenzali in generale e, in modo particolare, della vaccinazione contro l’influenza A H1N1.

Tale diversità di valutazione scientifica – tuttavia- non è rappresentata nelle valutazioni ad oggi proposte dalle Istituzioni sanitarie e di categoria, le quali prospettano una sorta di “verità scientifica” anche dove essa non sussiste ed addirittura la enfatizzano come “dovere etico”, producendo nell’opinione pubblica una perdita di credibilità complessiva per la scienza ed una perdita di autorevolezza per loro stessi.

Le suddette valutazioni “ufficiali” scorrono nel solco garantista degli interessi delle Industrie farmaceutiche che domina la “divulgazione scientifica” e la cultura istituzionale delle professioni sanitarie, così come - del resto- condiziona in modo crescente anche la stampa specializzata, minando alla base la neutralità della scienza attuale.

Questo avviene in Italia e non soltanto in Italia.

Si tratta di un atteggiamento “orientato al consenso” e non alla verità che – come dimostra il caso della fallita campagna di vaccinazione contro l’influenza A - viene ormai colto distintamente da molti tra gli addetti ai lavori e – talvolta persino maggiormente- dalla gente comune.

La disponibilità di un nuovo vaccino ha sicuramente un valore intrinseco per i singoli pazienti (può, cioè, costituire per qualcuno di essi una indicazione terapeutica) e può anche avere un valore di strategia sociale per una intera comunità, tuttavia il suo valore effettivo è totalmente circostanziale, dipendendo dal contesto in cui gioca la sua utilità.

Al pari di una coppia d’assi in una mano di poker, può essere un valore vincente ovvero, se enfatizzata oltremodo, divenire un bluff.

È proprio della tecnica del bluff “rilanciare” ad oltranza se si può disporre di finanze adeguate o – come nel caso in questione- di mezzi economici e di pressione istituzionale quasi illimitati.

Pertanto, nel concreto, ciò che adesso risulta preoccupante non è tanto lo smaltimento di milioni di dosi vaccinali inutilizzate, ma il continuare a prospettate future –anzi continue- campagne di vaccinazione come ragioni indiscusse di scienza ed inevitabilità politiche.

Moltissimi sanitari, attualmente, sono stati messi di fronte all’invito dei loro leaders professionali a “non creare dubbi” in riferimento alle direttive sostenute dalle Istituzioni (e dalla televisione).

La necessità di tali raccomandazioni testimonia qualche scollamento tra medicina reale e medicina istituzionale che è stato poi pagato in termini personali da chi i dubbi li aveva.

I dubbi, infatti, c’erano, ci sono e non li hanno certo prodotti i medici.

Spero non si ritornerà a cercare di imporre ai medici cosa fare e cosa non fare nel loro lavoro del quale possiedono, intera, la responsabilità clinica ed etica.

Siamo spiacenti- infine e pertanto- del panico ingiustificato e del danno provocato all’opinione pubblica da un’epidemia di scarso profilo. Meno dispiaciuti del “fallimento” di una campagna vaccinale che, verosimilmente, non andava nemmeno messa in atto.

Perché molti medici non hanno condiviso tale iniziativa? Qualcuno ha sostenuto che essi siano stati “poco informati”. Altri, più verosimilmente, ipotizzano che sia in aumento il numero di quelli che sono capaci, in silenzio, di pensare con la loro testa e semplicemente perseguire i migliori interessi del paziente.

 

Ciro D’Arpa Società Italiana di Medicina Omeopatica, Dipartimento di Epistemologia ed Etica


 

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